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Almaviva, 43 neomamme da Roma a Rende: accettate o dimettetevi

Le dipendenti dell’azienda di call center dovranno trasferirsi in Calabria, altrimenti perderanno il lavoro. Cgil: assurdo punire chi fa figli. Salvi invece i 65 lavoratori di Milano

 

 

“«Almaviva Contact ritirerà i trasferimenti». Lo conferma il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda alla fine del tavolo al Mise sui 65 lavoratori a rischio trasferimento da Milano a Rende (Cosenza). «Ci siamo visti anche con l’Eni – dice Calenda – che si è detta disponibile a dare lavoro al call center di Almaviva e dunque la situazione dovrebbe essere risolta». Il caso era scoppiato dopo che l’azienda di call center aveva perso una commessa con Eni e quindi aveva annunciato il trasferimento in Calabria di 65 suoi dipendenti. I sindacati avevano attaccato il gruppo parlando di «licenziamenti mascherati». Perciò Calenda giovedì pomeriggio ha convocato azienda ed Eni al Mise per cercare una soluzione. E Almaviva Contact conferma: «Alla luce del rinnovato impegno della Società Eni a conferire adeguate attività da svolgere sul sito produttivo di Milano, confermiamo di aver accolto l’invito del Governo a ritirare il trasferimento dei lavoratori».

Rischiano invece il trasferimento da Roma a Rende (Cosenza) 43 neomamme dipendenti di Almaviva Contact a Roma che alla fine del periodo di maternità obbligatoria dovranno scegliere se continuare a lavorare nel call center e quindi traslocare in Calabria, a centinaia di chilometri da casa, oppure lasciare il lavoro. L’azienda ha chiuso la sua sede nella Capitale lo scorso dicembre (1.666 i lavoratori licenziati, escluse le neomamme) e ora alle lavoratrici che terminano la maternità obbligatoria propone di spostarsi nella sede di Rende.
«Ma con un bambino piccolissimo e uno stipendio di neanche 800 euro al mese è impossibile, non abbiamo molta scelta», dice una di loro. «Ci dicono che l’Italia ha una natalità bassissima, ma poi chi mette al mondo dei figli viene trattato in questo modo: assurdo punire delle lavoratrici solo perché hanno fatto un figlio, se come Paese non riusciamo ad indignarci per queste cose non abbiamo davvero più prospettive», sottolinea Michele Azzola, segretario Cgil di Roma e Lazio che giovedì mattina a Roma ha raccontato la storia delle mamme di Almaviva. “

 

Fonte ed approfondimenti: Corriere.it